sabato 3 febbraio 2024

La reminiscenza platonica


(estratto)

Platone afferma che ogni sapere è reminiscenza. Vale a dire che ogni cosa che sappiamo è il ricordo di ciò che abbiamo già appreso in questa vita o in quella precedente,  stratificato in una regione metafisica collocata dal filosofo ateniese nell’Iperuranio, il mondo delle Idee fondamentali che struttura l’inconscio cognitivo descritto da Jung e studiato dalla neuroscienza negli anni ottanta del secolo scorso.

 

La memoria è quel fenomeno per cui ci vengono in mente le cose del passato, la reminiscenza è quando cerchiamo nel passato di riafferrare un pezzo scomparso o disperso per cui la reminiscenza ha un aspetto di consapevolezza che nella memoria è in qualche modo assente.


Questa consapevolezza originaria va alla ricerca del senso delle cose, delle emozioni e dei pensieri che affiorano alla mente e del significato di ciò che stiamo vivendo. Il ricordo delle esperienze negative fa riemergere la sofferenza e i sentimenti del conflitto come l’odio e il rancore; nella reminiscenza invece cerchiamo di ricomporre i diversi episodi della nostra vita in modo diverso, quasi a voler ricucire le ferite, a risanare gli errori, a ripristinare i pezzi di un puzzle alla luce di una più profonda conoscenza che rinasce dalle ‘ceneri’ dell’esperienza vissuta. 


La capacità di riafferrare, ricomporre e riordinare il significato delle cose in un disegno unitario è un processo evocativo della mente analogica peculiare dell’arte e della poesia. Nelle fasi di introversione emotiva, di frustrazione creativa e di ricerca di senso, la coscienza reminiscente fa riaffiorare il ricordo delle parole degli insegnanti e dei filosofi, dei saggi e dei sapienti di ogni genere, fino a spingersi, in particolari condizioni psichiche, ad ‘estrarre’ dall’inconscio cognitivo collettivo gli archetipi della comprensione della realtà e della verità.  


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