mercoledì 7 febbraio 2024

3. La percezione sensibile e sovrasensibile

Al momento della nascita non si pensa nè si agisce, però si è capaci di sentire. Sentire il corpo (fame, sete,  bisogni, ecc..) è il processo filogenetico primario che non è frutto dell’apprendimento, nè della memoria. 

Le sensazioni corporee iniziano a differenziarsi con l’esperienza dell’azione e la descrizione verbale di ciò che si sente, seguito da un processo di integrazione dei segnali di avvertimento dei bisogni e dei pericoli, come quelli delle madri che allertano il bambino a ‘chinare la testa’ per non farsi male passando in vicinanza degli spigoli dei tavoli.   

Il processo di differenziazione e reintegrazione prosegue per tutta la vita: l’uomo che fonda la sua azione sulla percezione impara a fidarsi delle sensazioni-guida che, facendo riemergere la conoscenza delle cose maturata con l’esperienza, gli consente di fruire di quelle intuizioni prelogiche - le impressioni -  indispensabili per non cadere in equivoci, subire un abbaglio, prendere una ‘fregatura’ ed evitare grossolani errori di valutazione. 

Le impressioni sono alla base della presa di coscienza della forza delle immagini di influenzare, suggestionare e alterare la percezione della realtà. Nella prima fase di elaborazione delle apparenze (Venere di spalle), le impressioni che emergono da un processo di sintesi (i capelli raccolti a spirale) tra i dati sensibili provenienti dalle immagini (l’orecchino di perla) e le informazioni conservate nella memoria (le treccine), permettono di formare un primo grado di valutazione (l’opinione) su cui poggia il giudizio discriminativo (il cuscino rosso). 

Tuttavia, come afferma Platone, le opinioni elaborate dai dati sensibili sono parassitate dall’errore, permeate dall’illusione e condizionate dalla tendenza di interpretare le immagini che filtrano nel cervello come fossero realtà vere, mentre invece hanno la stessa consistenza dei sogni. In questa fase in cui la verità rimane oscurata (il fondo scuro del dipinto), l’archetipo di Venere giunge in soccorso del filosofo neoplatonico che non si accontenta della conoscenza sensoriale della realtà,  di quell’opinione collettiva (doxa) che i sofisti esprimono con enfasi persuasiva per convincere della forza delle loro idee.

La mente femminile è dotata di una percezione sensibile (il pollice) e sovrasensibile (l’indice) con cui afferrare la vera ‘trama’ delle cose  (il tessuto bianco) e il significato esplicito e implicito delle immagini, delle situazioni e dei fenomeni sin dalla “prima impressione”. 
La prima impressione prende forma in modalità analogica (il braccialetto sul polso destro) quando i dati provenienti  dagli stimoli ormonali corporei (Eros pandemos afferra la gamba di Venere) e mentali (Eros ouranos afferra il satiro per le corna) producono l’avvertimento extrasensoriale di ciò che si nasconde nel “fondo scuro” in cui si agitano i desideri, le passioni, le intenzioni, i propositi, gli interessi e le volizioni dell’uomo libidinosus-economicus (il satiro).

La percezione sovrasensibile dell’energia riflessa dalle cose consente alle donne di intravedere il “volto del satiro” anche quando si cela dietro immagini, regali e complimenti (il calice di uva) che occultano la libido sessuale (il satiro nasconde eros pandemos che mostra la lingua); allo stesso modo la tendenza della libido a nascondersi in ‘benevoli apparenze’, conduce il filosofo a riconoscere, distinguere e discriminare la presenza del “lupo” già dalla prima impressione.

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