domenica 28 gennaio 2024

II. Minerva caccia i Vizi





L’aspirazione umanistica di ‘civilizzare’ i rapporti umani, redimere la mente istintiva e contenere le pulsioni è diffusa nella società europea partire dalla metà del Trecento, ma è dal suolo italico che si accende il dibattito metafisico (teologico), allegorico e simbolico sulla luce divina e si consolida il ruolo salvifico della mente angelica della donna, depositaria dei processi psichici e psicologici di elaborazione degli stimoli provenienti da Eros e artefice della trasformazione dell’homo libidinosus nell’homo contemplativus.

A Firenze, culla dell’Amor che esalta in versi, immagini e pensieri la bellezza femminile, la purezza della Vergine Maria e le emozioni  del cuore provate da Dante per Beatrice, Marsilio Ficino innalza la Bellezza di Venere al vertice dei processi di purificazione, sublimazione e spiritualizzazione dell’eros secondo una precisa scala di ascensione verso la perfezione descritta da Platone nel Simposio.

L’idea di una bellezza salvifica e di un specifica disciplina ‘psicologica’ fondata sull’esercizio delle virtù finalizzata a liberare l’uomo da vizi e passioni, suscita ovunque un interesse straordinario al punto che gli artisti diverranno gli esecutori materiali di ciò che era necessario sapere per trascendere nella vita estetica e contemplativa. 

In assenza di quei termini specifici dell’analisi psicologica e scientifica dei fenomeni che solo recentemente sostengono la riflessione filosofica, il movimento neoplatonico struttura un preciso linguaggio figurale di tipo allegorico, metaforico e anagogico già sperimentato dai poeti stilnovisti e dai filosofi che discutevano sulla natura della luce divina utilizzando forme di pensiero definite da loro stessi non dogmatiche.  

Il linguaggio dell’arte neoplatonica, fondato essenzialmente sul simbolismo generato dall’immaginario mitologico, si coagula con il simbolismo “alchimistico-astrologico” che emerge dagli studi sugli umori, sulla corrispondenza tra pianeti celesti e la mente umana e sulla concezione unitaria del cosmo permeato da influssi cosmici, demonici e divini, capaci di condizionare il destino e ispirare l’immaginazione.

In breve tempo prende forma un codice simbolico, un vocabolario analogico e un repertorio di miti, leggende e metafore in grado di rappresentare i vizi e le virtù e i vari processi psichici della trasformazione psicologica e spirituale in allegorie cariche di significati che altrimenti non avrebbero potuto essere espressi e comunicati a parole.  

In particolare Isabella d’Este eccelle nella padronanza del linguaggio allegorico e commissiona soggetti mitologici al fine di ‘dimostrare’ di possedere la sapienza discriminazione (Minerva) dei processi di purificazione dai vizi della mente (i personaggi immersi nella palude) che impediscono l’esercizio delle virtù (le tre donne dentro la nuvola). 

Scacciando gli stimoli dei demoni (gli eroti volanti), colpevoli di eccitare la mente volgare (Venere Pandemos madre dei fauni) e di provocare la reazione psichica e istintiva (le due donne), l’uomo dotato di autodisciplina (la virtù della temperanza) espande la percezione del mondo visibile e invisibile (i 12 archi) e la conoscenza della realtà psichica (il mito di Dafne3), il primo grado della sapienza neoplatonica. 

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